Una proposta per vincere la dipendenza

  Versione 1.2   ?

Con l'inizio del terzo millennio, con tutti gli svaghi a nostra disposizione, le dipendenze sono ormai all'ordine del giorno: alcol, gioco, droga, computer, sport, cibo, sesso, viaggi, collezioni, divertimenti e ogni cosa che conosciamo può essere usato per riempire le voragini interiori che il nostro stile di vita tende a generare.

La dura verità è che, nonostante il benessere superiore, oggi siamo molto più depressi di 50 anni fa e la prova è che il tasso di suicidi nei paesi ricchi è molto più alto di quelli del terzo mondo.

Il benessere materiale, se non è gestito con equilibrio, ci disorienta e finiamo per vivere in funzione di esso, allontanandoci sempre più da un salutare e genuino benessere interiore.

Proviamo a dare un occhiata al significato della parola "dipendenza":
Dipendere (da): Essere originato da, essere causato da (Dante Alighieri).
Avere una dipendenza significa quindi agire e pensare sotto l’influenza di un qualcosa esterno a noi: un'azione, un tipo di persona, una certa situazione ecc... A questo punto, chi potrebbe dire di non avere dipendenze? Tutti dovremmo andare da uno psicologo!

Fortunatamente, la verità è che tutti, bene o male, ci facciamo condizionare dall’ambiente che ci circonda; il problema nasce quando si arriva all’estremo, quando questo comportamento viene attuato anche quando ci reca danno, ammalandoci così prima nella mente e successivamente anche nel corpo.

Una dipendenza può cominciare quando dentro di noi soffriamo per qualche motivo (spesso inconscio) e, per paura che questa sofferenza si protragga nel tempo, cominciamo a reagire per stare meglio. Accade così che, mettendo in moto la fantasia, cerchiamo di elaborare delle soluzioni.

Fino a qui nulla di strano, questo è un processo obbligatorio che dobbiamo fare per risolvere i nostri problemi. Il male sta nell'uso che facciamo della nostra inventiva, ossia nel tipo di soluzione che troviamo. Se, tra le soluzioni possibili, ne troviamo una puramente egoistica e dannosa per la nostra mente, ecco che può innescarsi un ciclo di dipendenza.

Se passiamo da un pensiero egoista ai fatti, assumiamo ovviamente un comportamento egocentrico che, oltre a dare solo un piacere temporaneo, può danneggiare noi stessi e le persone che vogliamo bene, qualora in quel momento avessero bisogno di noi.

Quando ci rendiamo conto di aver fatto del male, oltre al disagio interiore precedente, si aggiunge il disagio dei sensi di colpa e si soffre ancora di più. Qui, a questo punto, se non si capisce di aver fatto un errore, ecco che ripeteremo ciclicamente le nostre azioni creando così una dipendenza dalla soluzione (inefficace) che abbiamo elaborato, solitamente chiamata compulsione.

Per affrontare un problema, ad ingegneria, mi hanno insegnato a fare dei modelli semplificativi per approssimare realtà. Anche se trascurano sempre qualche aspetto, aiutano comunque a studiare meglio il fenomeno che ci interessa. Dopo aver affaticato pesantemente il mio cervello, vi propongo questo modello per il fenomeno psicologico che voglio analizzare:


Cosa possiamo fare per intervenire sul nostro problema?

Usando lo schema ciclico come riferimento, si può cominciare ad agire singolarmente su ognuna delle fasi della nostra dipendenza. Anche se è un impresa ardua da compiere, dobbiamo considerare il fatto che abbiamo minimo 5 buone occasioni in cui possiamo intervenire, se non di più.

Tutti amiamo essere liberi e una dipendenza è proprio ciò che ci toglie questo diritto. Molte persone che si trovano di fronte a questo fortissimo avversario vorrebbero i mezzi per poterlo combattere efficacemente ma, tra i tanti tentativi, non riescono ad ottenerli. Purtroppo la bacchetta magica non esiste, nulla si ottiene senza sacrificio e, se vogliamo risolvere un problema così grande, dobbiamo impegnarci con costanza ogni giorno, con tutta la nostra mente e tutto il nostro cuore. Vediamo un po' cosa possiamo fare nel dettaglio per risolvere questo problema:


Sofferenza. La sofferenza è parte della vita. Già dopo l’uscita dal grembo materno cominciamo la nostra vita piangendo e, solo se superiamo questo primo distacco da nostra madre, meritiamo di vivere. La sofferenza è parte dell'evoluzione: se siamo danneggiati da qualcosa il nostro corpo patisce fisicamente o psicologicamente, proprio perché la nostra sopravvivenza e legata alla nostra capacità di risolvere problemi che, soffrendo, siamo invogliati a risolvere. Non è un caso che le persone più forti siano quelle che hanno superato tante sofferenze in modo positivo.

Quando soffriamo, il primo passo che possiamo fare è accettare il dolore, senza illuderci di fuggire da questo obbligo esistenziale: se non si soffre non si vive, se non si superano le sofferenze non si cresce, quindi…
Il primo passo è accettare le nostre sofferenze
Se si accettano come parte essenziale della nostra vita, impariamo che evitarle con delle compulsioni è del tutto inutile. Affrontiamole con l'obiettivo di superarle, pianifichiamo la nostra vittoria. In questo modo le paure associate ad esse sono più contenute, più facili da affrontare in modo positivo. Solo se superiamo le nostre sofferenze possiamo ottenere i mezzi per conquistare la nostra felicità. Per questo motivo cerchiamo di capire quale è la sofferenza da cui vogliamo evadere, identifichiamola, affrontiamola e accettiamo che sia un nemico reale, che se sconfiggeremo ci darà più forza; questo è il primo passo fondamentale per affrontare le nostre paure.
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Paura di continuare a soffrire. Questa paura può avere tante facce: paura che il nostro benessere scompaia, paura che le nostre sofferenze si ripetano, paura che non riusciremo a superarle, ecc. Non so se ci avete fatto caso, ma queste cose sono tutte paure legate a fatti che POTREBBERO accadere nel futuro, normalmente chiamate ansie.

Molte volte queste ansie sono inconsce, tendono a sottometterci, ci causano malesseri fisici di origine psicosomatica (ad esempio come il classico mal di pancia) ed è quindi necessaria una profonda riflessione per riconoscerla e diventarne consapevoli.

IMPORTANTE. Quando le ansie ci influenzano fortemente, al punto da esser diventate parte della nostra quotidianità, probabilmente si sono già trasformate in un’ossessione. L’ossessione è una paura assillante, legata ad un’esperienza diretta o indiretta del passato e spesso riguardante il futuro, che occupa la nostra mente costantemente, che ovviamente condiziona fortemente la nostra vita. Se questa ossessione è molto forte, abbiamo assolutamente bisogno di un aiuto che a mio parere andrebbe ricercato da uno psicologo. E' importante, secondo il mio parere ed in questi casi, andare prima da un psicologo che poi, se lo riterrà opportuno, vi manderà da uno psichiatra che vi assegnerà una certa dose di farmaci; cercate di non fare il contrario, perché lo psichiatria ha studiato il corpo umano e la farmacologia, lo psicologo ha studiato la mente umana. Ovviamente questo non toglie che possiate conoscere uno psicologo idiota ed uno psichiatra bravissimo...Il mio consiglio non è comunque quello di un esperto, in caso di problemi seri vi esorto a rivolgervi ad un professionista.

In assenza di forti ossessioni, per intervenire su questa fase della dipendenza basta concentrarsi sul presente, sull'attimo che stiamo vivendo ADESSO, così da poter riuscire a focalizzare le nostre energie su ciò che è reale e non su ciò che ancora deve accadere. Quindi…
Il secondo passo è concentrarsi sulla realtà, sul presente, su ciò che è meglio fare ORA.
La domanda che dobbiamo farci, proprio mentre si sta per l'ennesima volta ripetendo la nostra compulsione,  è:  "C'è qualcosa che adesso potrei fare per migliorare la mia vita?".


Anche se per 100 volte abbiamo fatto gli stessi errori, non è detto che alla 101ª ci ripeteremo; dobbiamo crederci, perché dentro di noi c'è tutto quello che ci serve per poter cambiare la nostra situazione. Forse ci mancano i mezzi, ma quelli possiamo sempre procurarceli! Forse ci manca l’autostima, ma quella possiamo sempre costruircela! Forse ci manca il coraggio, ma quello possiamo prendercelo pensando a ciò che amiamo.

Più pensiamo al presente, più la nostra qualità di vita migliora e il bisogno di cercare un rimedio ai nostri ipotetici mali futuri diventa sempre più insignificante, perché finalmente impariamo a risolverli appena si presentano REALMENTE dinanzi a noi.
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Bisogno di star bene. Tutti vogliamo stare bene con noi stessi e con gli altri, non c'è nulla di male in questo. Nella vita, quando inevitabilmente abbiamo un disagio, tentiamo di trovare una soluzione, motivati proprio da questo bisogno. Il problema non sta quindi nel bisogno in sé, ma di come esso incide nella nostra vita.

Se la paura di soffrire è molto forte, e se siamo in un periodo di debolezza interiore, questo bisogno diventa una priorità per la nostra psiche. Al quel punto ci sentiamo costretti ad agire, volendo trovare assolutamente una soluzione per evitare le nostre ansie, anche a caro prezzo.

Ragionando a mente fredda, saprete meglio di me che, prima di trovare una soluzione efficace, si possono fare anche infiniti tentativi con altrettanti fallimenti; sappiate però tutti i grandi della storia hanno fallito più di una volta e si sono sempre rialzati, fino a restare in piedi con le loro forze.

Sapere esattamente cosa ci serve è difficilissimo ma, osservando ciò che ci circonda, confrontandosi con persone che conoscano il nostro problema, vedendo come altri hanno risolto un problema simile al nostro e a limite anche studiando da soli, possiamo sicuramente raggiungere qualcosa che si avvicini moltissimo alla soluzione.
Il terzo passo è capire cosa può farci stare bene, REALMENTE.
Usando sempre soluzioni inefficaci, potremmo pensare che non esiste soluzione al nostro problema, cadendo così in una disperazione fatale. Se perdiamo la speranza di guarire, anziché trovare una soluzione “per risolvere” ne troviamo una “per non soffrire”, per limitare i danni, diventando persone che non ci piacciono, chiudendoci completamente al mondo e rinunciando a tutte le occasioni di essere felici.

Se ci accorgiamo di agire in base alle nostre paure, fermiamoci un attimo a riflettere su cosa stiamo facendo. Riuscendo a capire cosa davvero può farci stare bene, senza pretendere troppo ovviamente, quando andremo ad agire avremo la possibilità di fare delle scelte diverse da quelle abituali.
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Atti egoistici. Quando la sfida con le nostre paure l'abbiamo persa, quando ormai ci siamo arresi all'idea che la nostra ansia è una previsione certa, ecco che cerchiamo di trovare qualsiasi rimedio per evitare di soffrire. Un atto dominato dalla paura è sempre un atto egoistico, anche quando questa cosa non è facile da vedere. E non sto parlando dell’adrenalina che il nostro corpo produce naturalmente per favorire la nostra sopravvivenza, rendendoci più forti e veloci; parlo proprio della paura che incatena l’anima ai nostri errori e inibisce lo spirito di iniziativa.

Ad esempio, una mamma che ha troppa paura che il figlio si faccia male, evita di farlo uscire con gli amici. Ufficialmente lei sosterrà che lo fa per il suo bene, ma in realtà potrebbe farlo per proteggere se stessa dalla perdita di ciò che la rende felice, o migliore dell'immagine che ha di sé, oppure soddisfatta di se stessa. Lo stesso vale per un fidanzato possessivo, che ha paura che la fidanzata gli venga portata via da qualche bel ragazzo. Potrei fare altri 1000 esempi come questo, ma credo che abbiate capito quanto l'egoismo sia legato alla paura.

Detto ciò, questa è quindi una delle fasi più critiche, perché dipendono fortemente dall'amore che diamo agli altri, dal nostro altruismo.
Il quarto passo è capire che c'è un ALTERNATIVA alla compulsione, ossia prenderci cura di ciò che amiamo.
Ho evidenziato "ALTERNATIVA", proprio perché una scelta di cuore non è mai una scelta di costrizione (fatta ad esempio per superare una dipendenza) ma è il frutto di un confronto tra la scelta egoistica e quella altruistica.

La scelta egoistica dà sempre un piacere momentaneo il cui effetto è destinato a finire con l'assuefazione, portandoci così ad aumentarne le dosi, anche a danno di noi stessi e delle persone che amiamo.

Una scelta altruistica invece ci dà dei doni duraturi, ossia la capacità di aiutare gli altri e automaticamente noi stessi, la consapevolezza di aver migliorato di una virgola il mondo, la fiducia in se stessi, l'autostima e la soddisfazione per quello che si è realmente. E, soprattutto, la voglia di migliorarsi sempre di più. Quando capisci che l'altruismo è la strada migliore, hai anche capito che possiamo stare bene solo se siamo capaci di aiutare a far stare bene gli altri.
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Sensi di colpa. Se scegliamo di agire egoisticamente, ho già spiegato che inevitabilmente facciamo del male a noi stessi o a ciò che interagisce con noi, persone o cose. Possiamo spendere tutti i soldi che nostra moglie ha conservato per la vacanza al mare, possiamo ferire un nostro amico, possiamo sacrificare i valori di cui siamo fieri: tutti questi sono atti guidati dall'egoismo.

Quando ci rendiamo conto di aver fatto del male, stiamo ancora più male, diminuisce l'autostima e abbiamo la tendenza a darci delle colpe. Tutto questo ci porta a soffrire ancora di più andando così a ripercorrere da capo il ciclo della dipendenza, con pericoli maggiori visto che si rischia di avere atteggiamenti ancora più negativi. Alla luce di ciò…
Il quinto passo è il perdono, per noi stessi e per gli altri.
Perdonare significa liberarsi dalla colpa e dal castigo autoimposto e per farlo è necessario comprendere il perché del male che è stato fatto, ad esempio capendo il ciclo della nostra dipendenza, capendo perché ci siamo entrati, ecc…

Pensate a quando combinavate una marachella, pensate ad un giorno che vostra madre vi ha perdonato perché ha capito che non eravate bambini cattivi, ma eravate semplicemente incapaci di capire pienamente la gravità del problema, o eravate incapaci di agire diversamente; da questo ricordo dovete prendere esempio. E se non avete ricordi di questo tipo, createli voi, perché se riusciamo ad immaginarlo vuol dire che possiamo anche farlo.

Chi soffre una dipendenza non è una persona cattiva, è semplicemente una persona che non sa trovare un alternativa, non ha i mezzi per stare bene senza far male agli altri o a se stesso. Se avrete capito questo la vostra sofferenza non aumenterà ma, anzi, sarete ancora più invogliati ad intervenire su ciò che vi danneggia, a procurarvi i mezzi che vi mancano per vincerla.
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La nostra capacità di intervento dipende molto dalla consapevolezza dei nostri comportamenti. Se ad esempio abbiamo una dipendenza da sostanze stupefacenti, che quindi mutano le nostre capacità mentali, capirete che sarà molto difficile uscire dal ciclo di dipendenza senza un aiuto esterno; in questo caso è necessario rivolgersi alla famiglia (se non è la causa dei problemi), ad amici fidati o ad un centro specializzato.

Riassumendo, per uscire da un ciclo di dipendenza bisognerebbe:
  1. Accettare la sofferenza
  2. Concentrarsi su ciò che è meglio fare ORA
  3. Imparare cosa è che davvero ci porta benessere
  4. Sapere che, in alternativa, possiamo provare a usare parte della nostra vita per aiutare a far star bene chi/cosa amiamo.
  5. Perdonarsi, perché siamo uomini e tutti sbagliamo.
Se riusciamo ad intervenire in questi 5 punti possiamo letteralmente distruggere il nostro ciclo di dipendenza colpendolo nei suoi punti critici, riuscendo così a spezzare le catene che limitano parte della nostra libertà.

In caso contrario, saremo schiavi per tutta la vita, la nostra autostima si distruggerà, saremo infelici e potranno innescarsi altri cicli di abitudini negative che ci faranno soffrire ancora di più, che ci trasformeranno in persone di cui non saremo fieri.

Nonostante avrete dei fallimenti, vi consiglio davvero di continuare a lottare. Ipotizzando di fallire per tutta la vita, è meglio vivere rispettando la propria volontà fino alla morte piuttosto che morire come zombie manovrati dalle nostre paure.

Molte volte i nostri più grandi difetti sono proprio quelli che sopravvalutiamo, forse proprio per giustificare la nostra rassegnazione. “Non posso farcela” è un motto che ci siamo creati noi, in base alla nostra esperienza fallimentare, non in base alle nostre reali possibilità di miglioramento.


L’essere umano è un essere fatto per evolversi: abbiamo raggiunto la luna, abbiamo isolato l’atomo, abbiamo guardato stelle a milioni di anni luce, abbiamo clonato, abbiamo cambiato più di una volta la storia.
Possibile che non siamo capaci di uscire da una dipendenza!

Gli stessi uomini che hanno fatto imprese eccezionali erano semplici persone come noi, che hanno superato i propri fallimenti, quindi credete in voi stessi, se acquisite i mezzi che vi servono potete riprendervi la vostra libertà.

Alla prossima

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